lunedì, ottobre 27, 2003

Linda scrive :
E’ molto duro il confronto con queste pagine bianche. Per quello ieri sera non ho voluto scrivere; rimuginare sui miei problemi non sarebbe stato il massimo. Da un giorno all’altro tutto si è disintegrato. Il tipo di scoppio è stato quello di un’esplosione atomica all’atollo di Bikini. I momenti di violenta felicità si sono trasformati in altrettanti momenti di violenta tristezza. Ma vediamo un po’. Giovedì siamo usciti con Gianfranco e Chiara, che ormai stanno insieme. Solite cose. Bene al Depot, se non che c’erano almeno 5 risse in incubazione. Purtroppo da Pierluigi è andata malino. Lui ha cominciato a criticarmi sessualmente. Non so dire se mi abbia colpito di più la ferita narcisistica o l’aver scoperto un suo lato volgare e brutale. La sua massima aspirazione è venire in faccia ad una persona. Per ogni donna penso che questo sia sgradevole, ma per secoli la sottomissione ha fatto sì che ci siamo autoconvinte che ci piaccia. Poi voleva che glielo prendessi in bocca. La mattina dopo lui non si ricordava niente, e dire che me l’aveva detto 4 volte (“Mi piacerebbe se”). Nel corso della giornata sono stata da Chiara. Là c’è una nuova compagnia! Elvis, Cinzia, Erika. Ero di nuovo stonata. Ma un attimo. La mattina ci sono stati dei momenti negativissimi con Pierluigi. Ad un certo momento eravamo in strada, lo vedevo impaziente e gli ho chiesto “Vuoi che me ne vada?” Lui “Sì”, e l’ha detto sul serio. Ecco. In quel momento dentro c’è stata l’esplosione, proprio un fungo atomico completamente silenzioso. Lui ha subito toppato il buco in qualche maniera. Ci siamo rivisti lì da Chiara. Tutto bene. Già io mi ero ripresa e prendevo le cose in maniera positiva. Se non che la sera, dopo il centro sociale e il Depot, siamo andati a casa sua. Lui ha detto:” Nella vita sono sempre stato solo, …” E io:” Basta così. Capito.” I rimanenti 30 minuti o meno sono stati uno strazio; lì ho avuto proprio questo pensiero: ogni secondo in più che tu passi qui, si tramuterà domani in un secondo di tristezza infinita”. Lui continuava a parlare. A sua detta quella era una parte di lui che esce solo raramente, la A2. E’ una parte ostile, super egocentrica, solitaria. Non faceva che parlare di sé. Mi stava dicendo che ha scritto un libro,mi sono alzata, lui stava scrivendo e non si è nemmeno accorto che mi stavo preparando per andarmene, se non che ho dovuto prendere i guanti che erano davanti a lui. “Te ne vai?” Fa. Guarda l’orologio e dice “COMUNQUE A QUEST’ORA CI DOVREBBERO ESSERE GLI AUTOBUS”. Mi accompagna sulla porta e vuole baciarmi, ma io mi tiro indietro. In strada volevo tornare indietro. Mi sono fermata un attimo e ho raccolto tutte le energie. Sono andata avanti. In autobus ho passato dei momenti bruttissimi. Mascelle serratissime, la luce del neon dell’autobus con i sedili bianchi. Nessuno. L’autista che guidava malissimo. Anche lui era nero e stanco. Un freddo. Un freddo della madonna. E un enorme freddo dentro. Ieri è stata una giornata non giornata. Mi sveglio alle 6 del pomeriggio, vado al cinema da sola. Un gran sollievo, la gente. Li ho guardati tutti, anche in autobus. La gente normale, quella proprio media. Sono arrivata ad invidiare il loro mondo medio. Pallide tristezze e pallide gioie contro le mie violente tristezze e violente gioie. Poi ho pensato di no. Un po’ meno di sofferenza mi starebbe più che bene, ma non mi priverei mai dell’intenso coinvolgimento che mi sanno dare delle cose semplicissime. Dopo il cinema, a casa e di nuovo a letto. Adesso vado al mercato. ANDARE FUORI. NE HO UN BISOGNO IMMENSO.

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