sabato, dicembre 07, 2002

pubblico un commento di un lettore sul mio post a rigaurdo dei 7" / 45 giri

Alcuni impressioni sul quello che hai scritto riguardo ai 7"…

Anch’io ho frugato di recente i 7". Effettivamente un supporto fuori moda, emarginato anche dalla mia irriducibile pigrizia a armeggiare con copertina e puntina per 5 minuti di musica e dover poi rigirare il dischetto per ottenerne altri 5. Eppure ne vale la pena. Al di là di quelli a cui sono legati ricordi personali (perché ci suonano amici o perché li hai comprati in un dato concerto, in un preciso luogo) e di quelli che rappresentano opere forse minori di gruppi comunque acclamati (e che tutta probabilità sono ora reperibili su più comode raccolte in CD), sono quelli "dimenticati" che mi suscitano le più forti emozioni. La Banda di Tirofisso, dici tu. Sottoscrivo e aggiungo, così a memoria, Witchknot, il secondo dei Grievance, "World of illusion" degli Eversor, i Mirafiori Kidz che rifanno gli Stormy Six con l’introduzione di Stefano Giaccone, i Frammenti, mille altri.
Emozioni che sono anche il rimpianto (non solo relativo ai 7", ovviamente) del fatto che certe cose non arrivino a costituirsi come memoria collettiva, neppure a livello "basso"; non è questione di storicizzarle, ma di conoscerle, tenerne conto, magari proseguirne il discorso. Invece queste esperienze non sono citate nelle interviste dei gruppi alla voce "influenze", non hanno CD antologici (se non in casi rari, penso ai Franti di "Non classificato"), né pagine internet, raramente articoli su fanzine.

Così, come con lo scomparire dei partigiani si rischia di perdere il senso più intimo della Resistenza a favore della retorica e della stilizzazione, qui si perdono le influenze, musicali e quindi culturali, il senso di certe scelte sia politiche che stilistiche, la continuità delle radici (sorprendenti certe analogie, colte recentissimamente, fra alcuni passaggi del Balletto di Bronzo e i primi Panico). Ed è un peccato e una perdita irreparabile.

codesto lettore prima o poi comparirà a scrivere in prima persona sulla mini weblog.
codesto lettore mi ha fatto venir voglia di sentire un po' di passato (per me è ancora presente in realtà), i kina, una delle esperienze + intense ed importanti (per loro, credo, ma soprattutto per gli ascoltatori) di quel movimento (loro crearono la blu bus: punto focale di distribuzione e produzione, loro girarano l'europa degli anni 80...) che fu, il punk hardcore italiano, di cui ora rimangono ceneri ed evoluzioni sconclusionate (forse perchè non si guarda + indietro, al passato). kina per me sono brividi sulla schiena quando ascolto certi brani (questi anni, su tutte). ora c'è la frontiera, che è il prosegumento di quel progetto (leggetevi questa intervista); forse la prox settimana li rivedrò dal vivo a bologna.

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