Due anni passati pensando di fare senza, combattendo una battaglia per dimostrare di essere diverso, resistere fino alla morte a quello che sembrava essere un segnale del "definitivamente integrato".
Poi la sporadica necessità ed il subdolo prepotente vizio hanno incominciato ad avere la meglio: la bottiglietta d'acqua fresca la mattina appena arrivato per accompagnare i pan focaccia appena comprati in panetteria, il mordicchio delle 10 e 30 che ogni volta non sai se il tipo l'ha messo oppure no, le patatine Pai semplici dei pomeriggi passati a programmare, quelle highlander al caledonian tomato di quando vuoi una sferzata emozionante, le tre D false che le prendi una volta e poi mai più, il cappuccino al cioccolato delle mattine in cui vai a lavorare ma dovresti essere sotto le coperte, la lattina di coca cola dei lavori noiosi fra le ventole dei rack. E poi ancora i te caldi di quando la sera prima hai bevuto, i chewing-gum da usare al posto dello spazzolino dopo pranzo, i torcetti di quando hai fame, il mars per contrastare il calo di zuccheri, il cerealix spugnone per asciugare il colorato marciume creato da tutto quello ingoiato prima.
Giorni passati a elemosinare moneta ai colleghi in giro per il piano, la figura macabra di una catasta di 5 centesimi che cade rovinosamente a terra quando ti accorgi che di fianco a te c'è victoria di mtv, i resti non resi regalati alla ditta che gestisce il bìsnes.
Stamattina, il grande passo.
Ho atteso al varco l'omino col camice blu, ho lasciato senza protestare i tre euro di cauzione e mi sono fatto anche io la chiavetta per le macchinette.
Tutto quello che ancora mi mancava per essere un vero, stimato colletto bianco da combattimento.
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